venerdì 27 novembre 2015

Ancora su Paolo Sarpi

Vorrei insistere ancora sulla vicenda di Paolo Sarpi che mi sembra sintomatica di una querelle che non si è mai esaurita e di cui ancora oggi avvertiamo l'eco.

Era il 1605 quando il senato della serenissima repubblica di Venezia fece arrestare due sacerdoti trattandoli alla stregua di comuni cittadini.
Per pronta risposta il pontefice Paolo V rivendicò che i suddetti sacerdoti non erano perseguibili in quanto non potevano essere ritenuti sotto la giurisdizione veneziana. E a partire da questo momento la polemica si inasprì sino a raggiungere un punto di non ritorno.
In quanto Consultore di Stato della Serenissima repubblica, il Sarpi trattó in prima persona con il Pontefice sostenendo per prima cosa l'autonomia della Repubblica veneziana e poi, di fronte all'interdizione (una sorta di scomunica estesa a tutta la città) ebbe il coraggio di scrivere un libro nel quale contestava la decisione del Pontefice servendosi degli stessi principi stabiliti durante il concilio di Trento.
Un gesto talmente audace che gli valse la scomunica.
Nel frattempo proprio a seguito di queste vicende si inaugura in tutta Europa un dibattito sui rapporti tra Stato e Chiesa mentre il Sarpi si impegna a redigere tra il 1606 e il 1607 la "Istoria per l'interdetto" che narra proprio dei rapporti tra Santa Sede e Repubblica veneziana e che sarà stampata a Ginevra fuori dal controllo della censura dell'Inquisizione.
Forse perché durante gli anni di gioventù, trascorsi nell'Urbe, gli occhi del frate servita videro l'eccessivo attaccamento ai beni terreni delle alte sfere ecclesiastiche. Forse perché egli intuì quasi subito che la riforma tridentina era stata essenzialmente un tentativo ben riuscito di mantenere il sistema dei privilegi e delle corruttele del clero. Forse fu un simpatizzante della riforma protestante più di quanto volesse lasciar intendere.
Sta di fatto che la sua monumentale "Istoria del Concilio Tridentino" narra con sguardo ironico e disincanto le trame intessute per puro interesse dai protagonisti del Concilio, portandone alla luce i segreti, i giochi privati, i fini politici e la distanza dall'originaria dimensione evangelica.
Il libro, redatto tra il '13 e il '14, verrà anch'esso pubblicato all'estero e come molte altre sue opere precedenti finirà immediatamente nell'Indice dei libri proibiti.

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mercoledì 25 novembre 2015

Mimica comica tragica. Le tre epoche

Durante i 10.000 anni che precedettero l'epoca propriamente storica (cioè di cui conserviamo testimonianza scritta) l'uomo riuscì a superare gli ostacoli della selezione per la sua notevole abilità ad adattarsi ai mutamenti climatici e ambientali.
Si contraddistinse per una versatilità ed un ingegno che gli permisero di osservare la natura circostante carpendone i segreti e sfruttandone a proprio vantaggio le molteplici potenzialità. Capacità manuale derivante da un prezioso pollice opponibile, uso del fuoco ed un certo grado di consapevolezza gli permisero di interpretare la natura come un entità alla quale sentirsi unito da un legame viscerale, ma al contempo come un qualcosa da cui prendere le distanze, da dominare e piegare alle proprie esigenze.
La sua sopravvivenza dipendeva da questo rapporto di interdipendenza ed il culto della Grande Madre ne è una testimonianza. La natura è madre. Dalla sua generosità, dai suoi periodi di rigoglio o di magra dipende la sopravvivenza dell'uomo che perciò cerca di ingraziarsi i suoi favori imitandone i processi principalmente attraverso pratiche rituali, forme di una religiosità primitiva. Per questo motivo i filosofi parlano di un'epoca "mimica" ed infatti le pitture rupestri, le danze rituali, dolmen e menir testimoniano che per decine e decine di secoli l'uomo si è sentito compartecipe di una natura "madre" che con i suoi inesplicabili cicli di rigoglio e di carestia rendeva possibile la sua stessa sopravvivenza.
Al che le prime società complesse si strutturarono proprio in base a questa visione delle cose. È facile immaginare che in esse i depositari della sapienza fossero allo stesso tempo anche i depositari del potere. E così un faraone, al quale gli scribi indicavano il tempo dell'esondazione del Nilo, poteva tranquillamente far credere al suo popolo di essere egli stesso l'autore dello straripamento del fiume e della sedimentazione del prezioso limo.
È questa un'epoca che alcuni filosofi hanno definito "comica" perché in queste culture tutto ciò che proviene da oltreconfine è ridicolo e non accettabile.
Sempre secondo gli stessi filosofi, un'epoca totalmente diversa, un'epoca "tragica", inizia soltanto con i Greci i quali cominciano a vivere sulla loro pelle la morale come problematica intimamente legata ad una scelta tra due opzioni egualmente valide: l'apollineo e il dionisiaco, l'ordine l'equilibrio la misura contro il caotico ribollire dell'impulso vitale.

lunedì 23 novembre 2015

Festina lente


Un'ancora, un delfino ed il motto latino festina lente erano il segno distintivo delle preziose edizioni aldine, libri chiamati così perché frutto dell'impegno e della dedizione che alla preziosa arte di Gutenberg dedicò il tipografo Aldo Manuzio.
L'uomo era originario di Bassiano, piccolo centro del Lazio arroccato sui monti Lepini, ma costruì la sua fortuna a Venezia, dove nel corso del '500 diede vita a una fervida ed originale attività tipografica.
Le novità che egli inserì nell'arte tipografica ebbero subito largo seguito e rivoluzionarono per sempre l'editoria, catapultando fino ai nostri giorni la punteggiatura così come la conosciamo oggi, oppure lo stesso carattere corsivo.
Dalle stamperie veneziane del Manuzio uscirono anche i primi libri in edizione tascabile, i cosiddetti enchirdi.
Aldo Manuzio, un altro italiano del quale tutto il mondo ancora oggi gode il genio e l'impegno profuso nel proprio lavoro.
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domenica 22 novembre 2015

Aceto dei 4 ladroni

Galileo Galilei si rifiutò di inviare al Niccolini, Maestro del Sacro Palazzo Apostolico, l'originale del suo "Dialogo sopra I due massimi sistemi del mondo" lamentando che l'involto avrebbe potuto essere contagiato dal bacillo pestifero.
E sì, perché il mortale morbo tornò a colpire l'Europa tra il 1628 e il 1631 e in questa occasione il contagio fu talmente virulento che nelle maggiori città italiane, specialmente nel nord, morirono in pochi anni centinaia di migliaia di persone.
(ricordate Manzoni e la peste a Milano? proprio quella).

Si narra però che nel corso di queste epidemie fossero in uso vari ritrovati anticontagio che, un po' sulla base di semplici credenze popolari e un po' per conoscenze rudimentali di medicina, fecero la loro fortuna.

Il più noto è sicuramente un preparato a base di aceto ed erbe officinali dalle molteplici proprietà: L'ACETO DEI 4 LADRONI.
Il nome gli deriverebbe da una leggenda secondo la quale, durante l'epidemia che colpì Tolosa , quattro ladri incuranti del contagio furono sorpresi a saccheggiare le case degli appestati.
Una volta arrestati, fu loro promesso che avrebbero potuto riacquistare la libertà se solo avessero rivelato il loro segreto. E così per la prima volta venne alla luce la ricetta di questo ritrovato...
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sabato 21 novembre 2015



Quanti di voi sanno che nel sito archeologico di Epidauro si può visitare un teatro che ancora oggi conserva intatta una strabiliante acustica?
Probabilmente molti.
Ma sapete anche che nello stesso sito archeologico ci sono le vestigia di un monumento che per bellezza ed imponenza fu considerato dagli antichi secondo soltanto al più ben noto Partenone di Atene?



Sto parlando del tholos di Epidauro, un edificio a pianta circolare con un colonnato esterno composto da 26 colonne doriche ed un colonnato più interno di 14 colonne corinzie.

Si è soliti ritenere che questo tempio fosse dedicato al culto di Asclepio, o Esculapio, inventore della medicina secondo i greci; e che nel labirinto al di sotto del pavimento si trovassero a quei tempi numerosi serpenti per celebrare proprio il taumaturgo figlio di Apollo.

Altri studiosi ritengono, però, che l'intero tempio non fosse altro che la rappresentazione simbolica del sistema eliocentrico, teoria già largamente diffusa e conclamata nell'epoca classica, grazie alle conclusioni cui pervennero astronomi come Aristarco di Samo o Eraclide Pontico.

E' seguendo questa seconda ed affascinante lettura che le colonne più esterne starebbero lì a simboleggiare nientemeno che le precessioni degli equinozi. Quelle interne le fasi lunari. Mentre sul pavimento, delle sfere collegate ad un marchingegno sotterraneo, avrebbero descritto le orbite dei sei pianeti allora noti: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove e Saturno.

Tutto questo e molto altro ancora ne "La Setta dei Ciprioti"
Una storia che vi appassionerà

venerdì 20 novembre 2015

Inizierò col presentarvi una delle figure più interessanti (e a torto anche una delle meno note) dell'epoca in cui è ambientato "La setta dei Ciprioti".


Sto parlando di Paolo Sarpi che, quando compare per la prima volta nel mio romanzo, ha 57 anni ed è eminente frate dell'ordine dei Servi di Maria, nonché primo consultore di stato della Repubblica di Venezia. 

Tanto per dare un'idea di chi è stato quest'uomo, vi cito una ricerca dell'università statunitense di Stanford ("The Early Mental Traits of Three Hundred Geniuses" di Catharine M. Cox, pubblicato in "Genetic Studies of Genius" di Lewis M. Terman. Copyright 1926, Stanford University Press) che lo annovera addirittura tra le cinque persone più intelligenti, vissute tra 1450 e 1850.
E infatti, biografia alla mano, scopriamo subito che fu adolescente capace di tradurre dal greco e dall'ebraico; che a soli venti anni fu eminente teologo; che da adulto riuscì a stupire i suoi contemporanei con rilevanti scoperte matematiche e scientifiche.

Parlando di questo sapiente di altri tempi, poi, si deve dire che fu tra i più entusiasti sostenitori dell'autonomia del potere politico. E pensate soltanto cosa significasse di quei tempi farsi coraggiosi portavoce di queste teorie e scagliarle con veemenza all'indirizzo delle autorità ecclesiastiche romane!
Beh, lui lo fece.
Certo, dirà forse qualcuno, era sotto la protezione della Serenissima Repubblica di Venezia, a centinaia di chilometri di distanza! Chi avrebbe potuto nuocergli?
E invece no, poiché tale fu l'odio dei suoi delatori che, proprio nel cuore della sua amata Venezia, egli subì quell'attentato dal quale miracolosamente scampò, ma che gli costò sfregi e lesioni permanenti.

Penso che varrebbe la pena di ricordare più spesso un uomo come Paolo Sarpi. Un uomo che, secondo il mio modesto parere, non ha un posto appropriato né nei libri di storia né nei vari cerimoniali che si piccano di celebrare la cultura italiana. 
Soprattutto oggi, che è forte il bisogno di intelligenza e di coraggio, penso si debbano riscoprire e celebrare degnamente personaggi del suo calibro. 
 
Per chi fosse interessato ad un approfondimento, rimando al link qui sotto.
Buona lettura!





Gli effetti della Controriforma tridentina su usi e costumi dell'Italia del XVII secolo. La teoria eliocentrica che da Eraclide Pontico e Aristarco di Samo, passando attraverso Copernico, giunge fino a Galileo Galiei. Climi oscurantisti di matrice aristotelico-tolemaica e rivendicazioni in nome della neonata scienza sperimentale. Amori, amicizie, avventure, il coraggio della verità, congiure e misteri.
Tutto questo e molto altro ancora nel mio primo romanzo storico:
"La setta dei Ciprioti"
UNA STORIA CHE VI APPASSIONERA'

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H. J. Detouche 1754 "Galilei spiega l'uso del telescopio al doge Donati"
/Public Domain/Wikipedia